La vuelta – Il ritorno

Un anno! un anno è passato da quando sono tornato. Ora scrivo da un altro paese, che tutti voi conóscete, il nostro paese…Italia…
I fattori che mi spinsero a tornare non li so bene; c’era qualcosa che mi sentivo dentro…la voglia di sentirmi un po’ a casa, di avvicinarmi a famigliamici, una voglia di cambio, e in buona parte ero stanco di accomunarmi alla moda di criticare il “belpaese” senza effettivamente esserci…l’unico modo era iniziare a lottare per vedere se potevo farcela, in mezzo alle apparenti difficoltà di cui tutti, presenti e no, mi parlavano.

Mi sono lanciato, un po’ a sproposito, ma in fondo le cose a me piace farle cosí, senza pensarci troppo, mettermi in mezzo e sgomitare. Uuuhh che romantico, che uomo con le palle, che coraggio mi sono sentito dire, ma in fondo era solo voglia di avvicinarmi a casa.

Le difficoltà ce le ho aggiunte io: non mi bastava tornare, installarmi in una città nuova, e cercare un difficile lavoro da architetto…no, se si cambia si fa radicalmente, e (forse erroneamente) sono tornato senza avere chiaro in che città volevo stare (buttati e poi vedrai…), e come se non bastasse, ho tirato fuori una cosa che da un po’ mi covavo dentro: il cambio di professione…mi sono messo a fare il fotografo, o almeno a provarci. Voglio puntualizzare che non è stata una pazzia romantica; non vedo la fotografia come un’attività da bohemien…non ho mai sopportato chi si sente artista a priori…e soprattutto non ho mai preso la fotografia come un’arte, ma dal primo momento ho cercato di fare coniugare belle foto con un aspetto commerciale… Lavoro meglio come fotografo che come architetto, e sempre ho cercato di fare entrare le mie immagini in un processo produttivo, senza pensare che fossero degne della Tate Gallery, ma che fossero utili ai miei clienti.

Un anno che sono tornato in Italia…e vorrei capire perché è da un anno che mi sento fermo? Sto agendo esattamente allo stesso modo in cui facevo anche in Spagna, con una differenza: qui dedico alla fotografia il 100% del tempo, prima il 40%…e signori miei, ho creato di piú in Spagna che qui in Italia. Dei pochi lavoretti realizzati lá, con clienti +o- importanti, ho avuto molto piú “feedback” e passaparola che da un anno qui in Italia, in cui mi sono autoprodotto un sacco di cose, mi sono proposto per servizi per conto mio, e i pochi incarichi che ho avuto hanno riscosso una buona soddisfazione. Ma allora mi puó spiegare qualcuno come mai qui non si riesce un po’ a crearsi un po’ di giro, mentre prima in Spagna bastava il buon lavoro per avere altre chiamate? Mi sta anche bene il sistema altamente concorrenziale, ma cosa deve realizzare uno per avere un po’ di continuità? Non si puó pensare che siamo tutti Gabriele Basilico (faccio fotografia di architettura), e rivolgersi per le cose importanti solo ai 30 grandiiii nomiiii esistenti nell’area milanese…e i poveri arrivati a spartirsi le briciole avanzate.

Forse avrò realizzato vari errori, commerciali e grafici, ma questo è normale no? Ma da qualche parte si deve iniziare… La cosa che peró soffro di piú è che c’è nell’aria un senso di poca professionalità che fa paura…non mi riferisco a non saper fare il proprio lavoro (anzi, penso sempre che cui il livello sia altissimo, in generale), ma al non considerare i propri collaboratori nel modo adeguato: continui rimandi e promesse del tipo “il prossimo mese si fa eh…” la mail “le faremo sapere al piú presto, che siamo molto interessati…” e niente; il parlare per niente…
Vabbé il settore è piú in crisi degli altri. Ma se non ci fosse la reale possibilità, perché cavolo bisogna far stare in stand by gente che sta lavorando?

E’ uno sfogo questo, ma non solo…ci metto dentro anche i vari “mea-culpa”, le mie incapacità e le mie incertezze…normale. La cosa che è esasperata qui in Italia è che ci si sente sempre in mezzo a un magma di spintoni in cui non si capisce realmente quale sia la via giusta per realizzare qualcosa…sono convinto che le idee siano quelle che poi faranno la differenza, ma senza una linearità supportata, non si riesce a creare alcun minimo progetto. Tutti ti propongono corsi, scuole, workshop….e tutti si buttano per sperare di avere quel contatto di cui ha bisogno. Ma ovviamente non arriva, mai arriverà mai: nessuno ti da lo spunto giusto, perché qui si pensa sempre che uno che fa la tua stessa cosa, non sia un collaboratore o un aiuto, ma che sia un rivale che sta lí solo per rubarti gli incarichi.

In piú di uno, fotografi o critici affermati, mi hanno detto che “si deve entrare in un circolo”, e dato che questo circolo è prevalentemente milanese, ci sarebbe da andare a Milano per frequentare vernissage, eventi, sorridere e farsi conoscere. Ma possibile che tutto debba passare da lá? Non puó ogni tanto bastare un buon lavoro e una pubblicità fatta normalmente?

Un anno fa al mio arrivo notai nelle persone molto scoramento. Per la prima volta sentivo rassegnazione in un popolo di lottatori come il mio, il nostro. Ora me l’hanno attaccato. 12 mesi sono bastati per farmi ricominciare a fumare e a farmi tornare un po’ la voglia di ripartire…con i miei errori, le mie voglie, la mia fotografia di architettura, e magari con il mio entusiasmo bloccato in buona parte al confine. Dopo un anno ho ricominciato a pensarci…

ed infine rileggendolo mi rendo conto che ho scritto di nuovo una di quelle lettere-protesta che già in molti stanno scrivendo. Ma questo è uno spazio mio, e scrivo quello che voglio.

Luca

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