Rieccomi… OOpsie! Sarei dovuto tornare dopo pranzo e invece sono tornato dopo quasi una settimana.
Parigi vale sempre, messa o no: L’atmosfera affaccendata ma mai scomposta o nevrotica come quella di Londra, i tavolini e sedie fuori dai bar anche di febbraio (grazie a quella meraviglia moderna del fungo a gas, che prolifera sui marciapiedi parigini), la gentilezza disinteressata della gente, i favolosi formaggi puzzolenti, e i mille tesori e monumenti semi-autentici che da Viollet-Le-Duc in poi si sono sparati dei gran face-lifting e botox come vanesie signore borghesi sin troppo felici di mostrare un paio di secoli di meno, per la tranquillita’ e l’appagamento estetico di tout le monde.
Citta’ amorevole, cara e sonnolenta, sommersa dai suoi libri, straripanti da ogni angolo/vetrina/manifesto. Un gusto stucchevole e poco aggressivo domina le boutiques del Marais. Anche le pubblicita’ nelle stazioni della Metro (ah, Hector Guimard; come non lasciare che lo sguardo si attardi sulle ringhiere a carapace e sulle volute perverse dei lampioni) hanno cornici Louis XV.
La folgorazione della Sainte Chapelle: Mon Dieu! Una architettura riuscita, fonte di delizia per generazioni di esseri umani. Un buon termine di paragone per la soddisfazione di un architetto, la sua miglior ricompensa; la realizzazione di architettura come evento/fuoco d’artificio di cui parla Bernard Tschumi: una sequenza di esclamazioni di stupore e meraviglia lunga 750 anni che si ripete ogni giorno durante l’orario di apertura al pubblico.
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