Hello… dopo l’intensa sessione di yoga di ieri son un pochino anchilosato.
La dolce Kay aveva detto che era una sessione easy, facile facile… mai credere agli insegnanti.
Stamani mi hanno finalmente cambiato il contatore della luce, eliminando per sempre la detestabile power key, tipico strumento di sfruttamento del proletariato. Per chi ignora, e’ un odiosa chiavetta di plastica blu che deve essere ricaricata ogni tot in negozi o giornalai; sul contatore cifre digitali segnano l’ammontare rimasto, e quando finisce, si stacca tutto. C’e’ una ricarica di emergenza di £6 che puoi caricare reinserendo la chiavetta (che poi ti viene regolarmente detratta quando ricarichi), ma detto fra noi e’ una gran rottura di marroni. L’ultima volta e’ successo quando sono tornato da NYC: avevo lasciato una luce nell’ingresso come dispositivo scoraggia-ladro, e al ritorno niente luce: frigo spento, con lieve allagamento, tutti gli orologi della casa da rimettere, segreteria fuori uso e una scarica di moccoli del sottoscritto.
But now no more!
Mentre aspettavo l’omino, godevo dell’inusuale e inebriante piacere del poltrire a letto dopo le 9. Mi sono reso conto che ho tanti e tali arretrati di sonno che mi ci vorrebbe una settimana a letto per rifarmi ed emergere dal mio ormai cronicizzato stato sub-umano. Strano come in realta’ uno non lo noti finche’ e’ in movimento costante; dato che sono sempre di corsa, non mi accorgo nemmeno di quanto ho bisogno di fermarmi. E tutti sono nella stessa cornice mentale: muoviti, non pensare (almeno che tu non sia pagato per farlo). Le considerazioni esistenziali a Londra sono fuori contesto: non esistono parole nel linguaggio comune per descrivere sfumature tipo stanchezza/sfavamento/frustrazione vaga e persistente in costante accumulo. Ultimamente si parla (o si sussurra) di chronic fatigue come di un male oscuro, sottile e strisciante di cui i medici parlano ma nessuno vuole ammettere di avere.
vado a casa… baci.