Forse e’ il caso che mi prenda un po’ piu’ sul serio, non so. A parte le risse fra vampirelle sado-maso con tacchi da 22cm. e mendicanti vietnamite che accadono per strada, niente mi lega a questi luoghi. Sono talmente depresso che non mi accorgerei se mi prendessero a borsettate.
Pero’ poi mi ri-ho. I tempi… potenze dell’empireo, i tempi con cui le cose che debbono muoversi ci si aspetta che si muovano in questa cittadina sono eterni. La gente si riempie, riempie le proprie vite di attesa, di qualcosa ancora prima dell’attesa: l’avviso del preannuncio del vago presentimento ancora non e’ qui, per cui io non mi muovo e nulla si muove. D’altronde abbiamo una marea di discorsi ancora da fare finche’ non ci si secca la lingua e finalmente si stacca rotolando sul pavimento con suono di carruba secca.
Io vengo colto dallo scoramento, si dica pure, e non v’e’ pensiero cosciente di buona volonta’ che mi salvi ne’ mi porti giovamento.
Domattina rivisito uno dei luoghi sacri: la ben fornita biblioteca della facolta’ di architettura, nel bel palazzo che ancora conserva un giardino da periferia settecentesca in via micheli numero due. Per un certo numero di giorni, nel novanta, la facciata del palazzo fu adornata (lo dico senza presunzione, mi era venuta proprio bene) con uno striscione con verniciato rosso e verde un sinuoso lungo smagrito felino e la headline proustiana “alla ricerca del tempo perduto” che non mi ha mai convinto ma che mi praticamente costrinsero a dipingere sopra il gattone, che si aggirava al solito con aria guardinga scivolando fra le rovine i deserti e le miserie dell’epoca.
C’erano anche le “colonne”, stendardi verticali ai lati del portone d’ingresso, ma quelle non durarono poi molto. Entrati nell’atrio era in fabbricazione un bioccoloso e minaccioso squalo di cartapesta (allegoricamente rappresentante il di allora preside con denti aguzzi pronto a vendere l’universita’ e tutti i suoi studenti alle avide multinazionali).
Ho preso il sole su quel terrazzo e fatto camminate mattutine nel giardino dopo aver passato la nottata alla radio su nella soffitta passando tuxedomoon e altre musiche e cose che si coltivano quando se ne ha l’opportunita’, dopo poche ore di sonno sullo scomodo corto e puzzolente divano in presidenza. C’erano le stanze di cartografia nascoste al secondo piano-e-mezzo e le cantine ampie e sede di una mostra molto interessante organizzata dal laboratorio sotto-sopra.
Il mio posto preferito, in pratica.
Ma divago e sono al solito le due passate: perche’ perche’ perche’ non riesco ad andare a letto presto?!?
Baci
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