Ancora denti rotti ossa

Ancora denti rotti ossa sporche guerre perse dolori qua e la. L’armata si e’ dispersa, rimangono pochi superstiti straccioni e ubriachi sparpagliati all’ombra delle piante. Cosa sto facendo? Alle tre di notte al computer? Scrivo, ecco. Non so neanche io di che. Di quello che devo fare e vorrei fare, del mio socio che non si rilassa e non cede se non molto, troppo lentamente. Capisco, e’ un bravo ragazzo. Ma anche io lo sono in fondo, dio lo sa. Devo avere amorevole pazienza. L’acqua e’ torbida, smossa dal traffico e da presenze estranee; il fondo non si vede dalla superficie. Le sue paure come squali, sagome chiare intraviste ai margini del campo visivo. Se le guardi direttamente svaniscono, devi coglierle con la coda dell’occhio. Sai che hanno denti affilati e ti lacerano dentro, al caso. Nessuno vorrebbe incontrarle. Io vorrei solo curarti. Con tutta l’attenzione di cui sono capace. E scrivo di me che ho mille incertezze e adesso sto per lanciarmi nel lavoro meglio pagato che trovo e rigorosamente senza anima per un altro stacco nella citta’ che amo/odio/mi e’ indifferente/mi distrugge/mi seduce/mi da’ e mi toglie tutto, in cui ho amici/nemici/gente che non piscerebbe su di te se fossi in fiamme urlante correndo giu’ per tottenham ct rd un tiepido sabato sera.

Una volta tra studenti di architettura si parlava molto di musica, adesso non so. Almeno io ne parlavo molto, coi miei coinquilini, e anche con la gente che incontravo in facolta’ durante l’occupazione. Alla RAI (Radio Architettura Incazzata) che trasmetteva chissa’ come tutta la notte dalla soffitta dell’aula di urbanistica e i dischi di alfonso che aveva fortunatamente molti Tuxedomoon che vanno benissimo per dopo l’1 di notte, anche per le tre. Un po’ di dissoluzione, per giove. E le feste a base di popper e tequila in cui venivano innocentemente devastate le case borghesi degli ospiti. E incidentalmente anche la mia. Vomito altamente corrosivo che sbiancava il cotto delle piastrelle. Ah, the wild years, ci risiamo. Poi d’estate si andava a trovare l’avvocato e qualcosa in realta’ non funzionava molto bene. Per due motivi: uno, il piano della sua scrivania di rovere non cessava di respirare visibilmente, due, l’incontro era pilotato da mia madre buonanima che credeva ciecamente ed ostinatamente nella mia innocenza piu’ di me medesimo stesso. E dell’avvocato.

Poi tutto si impasta, e uno si da una bella regolata perche’ si rompe le palle di essere inseguito da questa slavina di caos che lo chiama per nome e gli si insedia sotto la pelle , e non si riesce a scrollarsela di dosso neanche ballando come iggy pop col parkinson sulla pista di quel locale in borgo albizi arredato come un salotto che manco a dirlo non esiste piu’ come tutta firenze stessa che fa finta di esistere e convince a malapena i turisti che comunque vivaddio accorrono sempre numerosi e gli si vende bene ma non come una volta ahime’.

Desideravo la fidanzata come si desidera una federa pulita e profumata di bucato al sapone di marsiglia su cui appoggiare la faccina irsuta e sbavarci sopra un pochetto. Solo in seguito ho scoperto che non si puo’ desiderare una roba del genere perche’ proprio non esiste. Anche se ne ho avuta qualcuna. Certo, sempre temporaneamente, a prestito. E dagli coi cuori infranti. E poi picche, picche picche e solo in seguito fiori e denari.

Adesso ho la tentazione forte forte di farmi mettere in sonno criogenico e mettere la sveglia fra 2500 anni. Oppure iniziare finalmente a conoscermi meglio.

I guess we can call it a day. luna


(mi piacciono i queens of the stone age come un passaggio in macchina da uno sconosciuto che ti porta a velocita’ folle non si sa dove, sicuramente non dove vuoi andare, ma stranamente mi faccio portare e mi sento tranquillo come un bimbo nella culla)


Seconda postilla: vi e’ mai capitato a volte di guardare qualcuno e capire esattamente coma sara’ da vecchio? le stesse movenze, con in piu’ tutto l’arredamento della decadenza fisica, come una seconda immagine in un flash rapido di sovrimpressione che ve lo mostri improvvisamente come sara’ a ottant’anni. L’ultima volta mi e’ capitato con una bimba di tre anni.

nighty-night

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