Ok, tornato stavolta un

Ok, tornato stavolta un po’ a malavoglia. Colloquio andato, certo in qualche modo sara’ pure andato.

Ancora ignoro quale, attendo responso.

Alcune situazioni classiche da colloquio con impiegati di grande studio di successo. Ma la cosa fondamentale e’ che tornare Londra non mi sembra una scelta cosi’ impossibile.

Lo so che ci sono tanti altri posti nel mondo, dici. Ma li’ e’ facile, una continuazione.

Non capivo nulla o quasi, as in a daze. L’effetto della lunga permanenza in Italia con le sue pause riflessive che possono essere anche molto lunghe. Una specie di stupore difensivo fra me e il mondo di laggiu’, cosi’ istantaneo, con quella continua attenzione al qui-ed-ora cosi’ necessaria e a volte sfinente.

Pochi giri per musei e luoghi comandati, a parte la members room della tate modern.

Mi e’ dispiaciuto di non aver visto alcune facce amiche e la controversa ristrutturazione della south bank e rfh.

Alcune evidenti trasformazioni urbane difficili da ignorare, comunque: sorprendenti anche se annunciate. Il grattacielo di Bishopgate adesso occupa la sua posizione sullo sfondo di molte strade del vecchio east-end. Vederlo ancora incompleto con le mille luci al neon sullo sfondo di vecchie warehouses e cobblestoned streets fa un certo effetto, come di zona di frontiera.

Lo studio di A-Models http://www.amodels.co.uk/contact.htm e’ proprio su questa linea di confine, ne osserva, da dietro il vetro dei suoi ritmi lavorativi da rotta di collo, gli effetti sugli abitanti ed i frequentatori occasionali. Sabato pomeriggio ad aiutare i punk rockers del modello di architettura (come sono stati definiti in un forum di architettura) a resinare e montare lei, la lussuriosa ostrica da spiaggia ad apertura idraulica (manuale ovviamente) per tre comodi posti che verra’ installata sul litorale prospiciente Lincoln. Copper-clad, barnacles as skylights.

Tutti molto gasati perché’ e’ un lavoro progettato e concepito interamente da loro stessi. Anche se si puo’ arguire che mettono molto del loro pensiero anche nei modelli che realizzano per progetti di altri.

L’attrezzatura comprendeva pudding al cioccolato, caffe’ espresso birre e due scelte di musica sparata a manetta: nel laboratorio 1 (disegno, taglio lastre di rame, coordinamento e action painting) drumnbass breakbeat, nel 2,(carpenteria, pannellatura e resinatura), che e’ in realta’ il corridoio e il laboratorio adiacente invaso per l’occasione, courtesy della vicina, invece una miscela particolarmente coinvolgente e gustosa di disco soul funky. Duetti su Sisters Sledge in tuta di tyvek. Pure dancefloor ecstasy. Forse indotta da vapori di resina epossidica, non so.

Noodles collettivi alla fine, atmosfera shoreditch da sabato sera in cui vieni fermato per la strada da giovani manze ubriache che ti chiedono a mo’ di sondaggio se tu i biscotti li inzuppi o li mangi da soli. La risposta giusta era ovviamente “da soli”, come ha sottolineato il coro di tifo da stadio che e’ seguito.

Dopo viaggio tormentoso e incredibilmente lungo rieccomi a firenze. Bello scorrazzare in bici nell’aria tiepida. Come un viaggio nel tempo. Due tempi differenti. Il presente collassato su se stesso in continua irrequieta inarrestabile trasformazione da una parte, e il passato, la lunga attesa, la caparbia e irremovibile opposizione ai cambiamenti dall’altra.

Non so se possiamo parlare di terzo mondo (alcuni dicono di si) ma posso affermare con ragionevole certezza che siamo nel secondo, visto che di sicuro nel primo non ci stiamo dentro (a parte poche eccezioni).

Non c’e’ niente da fare, non ci riesco. Forse non ho nemmeno tanta voglia di riuscirci. Non sono abituato a farmi piacere cose che gia’ al primo sentire mi sembrano difficili, penalizzate in partenza, artificiosamente complesse, dagli esiti incerti, false, corrotte e viziate, con un vizio di base talmente profondo e radicato che e’ in effetti uno dei cardini attorno al quale girano le cose grandi e quelle meno grandi.

Forse sto sproloquiando, ma vedo troppe cose che non portano a niente. Cose che uno può’ anche non fare. E infatti io non le faccio.

E oltretutto inizia l’estate, che e’ sempre stata una scusa favolosa per il non fare.

Leggo, faccio yoga, non disegno o faccio non-disegni, penso a soluzioni di bricolage, nuoto.

Utopia, di Thomas More. Una modernita’ incredibile in un trattato di sociologia urbana scritto nei primi 20 anni del 500. Una macchina sociale che Msieur Jeanneret ha ripreso e ricongegnato adattandola alla tecnologia moderna. Alcune affermazioni politiche, non tutte necessariamente di segno positivo, eterne e calzanti anche nella societa’ contemporanea.

Piano piano si attua un nuovo distacco. Forse meno radicale e completo dell’altra volta, ma inevitabile.

Sempre se.

E semmai.


Baci

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