Per par condicio trovo giusto inserire anche il bestiario di noi architetti, che siamo molti e vari e per niente simili tra noi… Eh si, perchè c’è un modo di vedere l’architetto nell’immaginario comune e una realtà molto varia che invece ci caratterizza. Ma adiamo con ordine: quando riusciamo ad accedere alla Facoltà di Architettura, abbiamo tutti in mente un modello di architetto a cui miriamo, per cui fuori dalle università si vede una fauna variegata e molto curiosa di giovani “architettandi” che mirano ad essere strani perchè così deve essere l’architetto. Tendenzialmente però possiamo riassumere la tipologia nella vignetta del bravo Enrico che vado ad aggiungere qui
Poi però ci laureiamo, e allora entriamo nel mondo del lavoro e scopriamo che l’architetto-artista tutto vestito di nero con la sciarpa rossa e le scarpe bianche, in realtà è un archetipo da relegare ai grandi nomi dell’architettura. Nella realtà, l’architetto si divide in diverse categorie: L’Architetto Vero: ha capacità, estro, bravura ed è soprattutto in grado (per fortuna, eredità, capacità, nascita) di svolgere il suo lavoro come gli è stato insegnato all’università. Lo si vede girare sempre con la Moleskine in mano, oggi suportata dall’iPad, entra in cantiere col foulard al collo e suscita invidie generalizzate da parte dei colleghi della seconda categoria che possiamo definire l’Architetto Vorrei ma non Posso. Si tratta di una categoria tendenzialmente sfortunata, perchè è brava, meritevole e capace tanto e a volte più della prima, ma non ha la fortuna-eredità-capacità-nascita-soldi ecc… per poter svolgere il suo lavoro come vorrebbe e, pressata dalla necessità, si seppellisce nello studio di qualche altro tecnico che la sfrutta e la sottopaga e le fa fare una marea di cose tristi e inappaganti con la scusa che tanto fuori c’è la coda e se te ne vai via tu sai quanti ne trovo. Poi c’è l’Architetto che ho fatto l’architetto per far contento papà che è geometra ma tanto è lo stesso comunque io il mio posto ce l’ho, è colui che ha solo bisogno della laurea per far contento il genitore che poi gli lascia in eredità lo studio. Avrebbe potuto fare l’ingegnere ma anche fermarsi a fare il geometra, tanto tutta la vita farà solo schedine e sarà felice di farle perchè si troverà comunque i soldi in tasca e senza la fatica di farsi i clienti. Infine c’è l’Architetto anni 70, una categoria pericolosissima in quanto, a quel tempo, le facoltà di Architettura facevano fare esami collettivi e quindi per ogni vero architetto che usciva ce n’erano cento con la laurea in mano ma totalmente incapaci di fare gli architetti. Queste figure, che oggi viaggiano tra i 50 e i 60 anni, hanno avuto la fortuna di inserirsi nel mondo del lavoro all’epoca del boom economico e hanno fatto una fortuna in termini di soldi e di clienti. Del’architetto hanno solo il nome, non sono in grado di usare autocad nè di tenere una matita in mano, l’unica cosa che interessa loro, soprattutto se provengono da ambienti poveri e non sono figli d’arte, è guadagnare il più possibile e a qualunque costo, senza interessarsi minimamente alla qualità degli interventi che realizzano. La loro preoccupazione più frequente è “quanto mi verrà a costare? Quanto ci posso guadagnare?” sfruttano la seconda categoria senza rimorsi nè problemi, e a loro dobbiamo il fantastico partimonio edilizio degli anni 70 e 80.
Cerchiamo di far cambiare le cose? Basta con gli stereotipi! Innovare e rinnovare ! Noi per primi.