Perchè quando New York è in un film, non lo è mai solo come sfondo, ma lo è da protagonista, nel bene e nel male, e chi conosce la città lo sa. E la descrive bene il monologo di questo film di Spike Lee.
« Sì, vaffanculo anche tu. Affanculo 
io? Vacci tu! Tu e tutta questa merda di città e chi la abita. In culo ai 
mendicanti che mi chiedono soldi e che mi ridono alle spalle. In culo ai 
lavavetri che mi sporcano il vetro pulito della macchina. In culo ai Sikh e ai 
pachistani che vanno per le strade a palla con i loro taxi decrepiti, puzzano di 
curry da tutti i pori. Mi mandano in paranoia le narici. Aspiranti terroristi! E 
rallentate, cazzo! In culo ai ragazzi di Chelsea con il torace depilato e i 
bicipiti pompati, che se lo succhiano a vicenda nei miei parchi. E te lo 
sbattono in faccia su Gay Channel. In culo ai bottegai coreani con le loro 
piramidi di frutta troppo cara, con i loro fiori avvolti nella plastica. Sono 
qui da dieci anni e non sanno ancora mettere due parole insieme. In culo ai 
russi di Brighton Beach. Mafiosi e violenti, seduti nei bar a sorseggiare il 
loro tè, con una zolletta di zucchero tra i denti. Rubano, imbrogliano e 
cospirano. Tornatevene da dove cazzo siete venuti! In culo agli ebrei ortodossi, 
che vanno su e giù per la quarantasettesima, nei loro soprabiti imbiancati di 
forfora, a vendere diamanti del Sudafrica dell’apartheid. In culo agli agenti di 
Borsa di Wall Street, che pensano di essere i padroni dell’universo. Quei figli 
di puttana si sentono come Michael Douglas-Gordon Gekko e pensano a nuovi modi 
per derubare la povera gente che lavora. Sbattete dentro quegli stronzi della 
Enron a marcire per tutta la vita. E Bush e Cheney non sapevano niente di quel 
casino? Ma fatemi il cazzo di piacere! In culo alla Tyco, alla ImClone, alla 
Adelphia, alla WordCom! In culo ai portoricani, venti in una macchina, e fanno 
crescere le spese dell’assistenza sociale. E non fatemi parlare di quei pipponi 
dei dominicani! Al loro confronto i portoricani sono proprio dei fenomeni. In 
culo agli italiani di Bensonhurst, con i loro capelli impomatati, le loro tute 
di nylon, le loro medagliette di Sant’Antonio. Che agitano la loro mazza da 
baseball firmata Jason Giambi sperando in un’audizione per I Soprano. In culo 
alle signore dell’Upper-East Side, con i loro foulard di Hermes e i loro carciofi 
di Balducci da 50 dollari, con le loro facce pompate di silicone, truccate, 
laccate e liftate: non riuscite ad ingannare nessuno vecchie befane. In culo ai 
negri di Harlem. Non passano mai la palla, non vogliono giocare in difesa, fanno 
cinque passi per arrivare sotto canestro, poi si girano e danno la colpa al 
razzismo dei bianchi. La schiavitù è finita centotrentasette anni fa. E muovete 
le chiappe, è ora! In culo ai poliziotti corrotti che impalano i poveri cristi e 
li crivellano con quarantuno proiettili nascosti dietro il loro muro d’omertà. 
Avete tradito la nostra fiducia! In culo ai preti, che mettono le mani nei 
pantaloni di bambini innocenti. In culo alla chiesa, che li protegge non 
liberandoci dal male. E dato che ci siamo, ci metto anche Gesù Cristo. Se l’è 
cavata con poco. Un giorno sulla croce, un weekend all’inferno, e poi gli 
alleluia degli angeli per il resto dell’eternità. Provi a passare sette anni nel 
carcere di Otisville. In culo a Osama Bin Laden, a Al Qaeda e a quei cavernicoli 
retrogradi dei fondamentalisti di tutto il mondo. In nome delle migliaia di 
innocenti assassinati, vi auguro di passare il resto dell’eternità con le vostre 
settantadue puttane ad arrostire a fuoco lento all’inferno. Stronzi cammellieri 
con l’asciugamano in testa, baciate le mie nobili palle irlandesi! In culo a 
Jacob Elinski, lamentoso e scontento. In culo a Francis Slaughtery, il mio 
migliore amico, che mi giudica con gli occhi incollati sulle chiappe della mia 
ragazza. In culo a Naturelle Riviera, le ho dato la mia fiducia e mi ha 
pugnalato alla schiena: mi ha venduto alla polizia… maledetta puttana. In culo 
a mio padre con il suo insanabile dolore, che beve acqua minerale dietro al 
banco del suo bar, vendendo whisky ai pompieri e inneggiando ai Bronx Bombers. 
In culo a questa città e a chi ci abita. Dalle casette a schiera di Astoria agli 
attici di Park Avenue, dalle case popolari del Bronx ai loft di Soho, ai 
palazzoni di Alphabet city alle case di pietra di Park Slope e a quelle a due 
piani di Staten Island. Che un terremoto la faccia crollare. Che gli incendi la 
distruggano. Che bruci fino a diventare cenere, e che le acque si sollevino e 
sommergano questa fogna infestata dai topi. No. No, in culo a te, Montgomey 
Brogan. Avevi tutto e l’hai buttato via, brutta testa di cazzo! »
Perchè la Città è un mondo che vive e cresce, nonostante tutto, a dispetto di tutto. E tu la puoi usare, puoi giocarci, amarla o odiarla, lei è lì, e ti rimane dentro se l’hai vissuta, nel bene e nel male, tu rimarrai sempre un pò newyorkese…
								
di  Fabio Finco e  Laura Marangon