Tornati da poco alla vita reale, abbiamo ancora nel cuore e nella mente le immagini del sole e del caldo di Dubai e della tiepida brezza estiva di Abu Dhabi.
Ancora più nel cuore ci sono rimaste le infinite opportunità di lavoro, di crescita, di realizzazione professionale che si possono avere.
La città è fantastica, tutto è troppo in tutti i sensi. E’ veramente il luogo degli estremi dove, alla modernità delle strutture, dei negozi, dei ristoranti, dei trasporti, si contrappongono le donne con la lunga tunica nera, l’abaya, e gli uomini con il dishdasha bianco.
E nei mall guai a tenersi per mano: potreste dare scandalo!
Città degli eccessi e delle contraddizioni, città del futuro con un occhio al passato.
E mentre a Jumeira sorge la Palma e l’hotel Atlantis, uno dei più grandi e moderni al mondo, a Deira sembra di essere nella vecchia Istambul, con i suoi edifici decadenti e le doha che attraversano il Creek dove, a fianco della signora in minigonna, c’è quella in nero solo con gli occhi scoperti.
Eppure, al di là del clima inospitale e della considerazione scarsa di cui tutt’ora godono le donne anche straniere, io lì ci andrei a lavorare.
Certo, non devono spaventare le tante ore di lavoro al giorno, che hanno fatto scappare più di qualcuno, né la difficoltà dell’inserimento in un ambiente così chiuso e diverso. Bisogna pensare alla soddisfazione di poter finalmente lavorare su qualcosa di realmente architettonico, con una committenza che ti lascia realmente svolgere il tuo lavoro, non come spesso accade qui, avere a che fare con chi ritiene che il lavoro dell’architetto altro non sia che la capacità di saper abbinare il tavolo da pranzo col salotto.
E ad Abu Dhabi abbiamo visitato il padiglione degli emirati, con il progetto di quello che verrà realizzato entro il 2030 nell’isola di Al Saadyat, a tutt’oggi una striscia di deserto nel bel mezzo del Golfo Persico.
Ad opera di archistar del calibro di Gehry, col suo Guggenheim, di Zaha Hadid e di Norman Foster, insieme ad una miriade di studi di architettura minori ma talentuosi, questa striscia di deserto diventerà uno dei poli culturali più importanti del medio oriente, con una depandance del Louvre e un museo dedicato allo sceicco al Zayed.
Eh si, perché a differenza di quanto si crede comunemente, gli sceicchi, che pure vivono nel deserto e non hanno altro oltre al petrolio, sono gente illuminata, che ama l’arte e la cultura, che vuole far crescere il proprio paese e farlo diventare grande, e far star bene la propria gente. E da queste visioni, sono nate le idee, e dalle idee i progetti che nel 2030 saranno realtà. Eh si, perché quando loro si danno delle scadenze poi sanno anche come farle rispettare. Perché, anche se l’emiro di Abu Dhabi ha petrolio ancora per più di 300 anni, sa che quello prima o poi finirà, ma la cultura non smetterà mai di essere utile per il suo popolo.
Soundtrack: Invisible city – Primal Scream