Ieri sera, come tanti altri italiani curiosi, mi sono messa a guardare la grande bellezza.
Sempre con un po’ di timore, lo ammetto, perché a me, i film che vincono tanti premi, un po’ di paura la fanno: o ci si aspetta troppo, o si trova un paccone pazzesco, oppure molto spesso si rivelano essere dei mattoni incredibili.
Che devo dire. A me è piaciuto un sacco.
No, non voglio essere presa per quella che, controcorrente, dice bene di un film difficile, non ho quella sensibilità tale che mi consente di dire che si, il montaggio era favoloso come la luce delle scene di una Roma decadente…
No, a me è piaciuto per altri motivi, e mi ha fatto riflettere.
Mi è piaciuto il cinismo disincantato del protagonista, perché l’ho sentito mio. Sto diventando cinica. Tanto cinica. E non credo più alle belle favole, alla meritocrazia, al fatto che se ti impegni i risultati arrivano, che l’amore è una cosa meravigliosa e il principe azzurro ci porterà tutte nel suo castello col cavallo bianco a vivere per sempre felici e contente.
No, la vita è come questo film.
Gambardella non ha più scritto perché cercava la grande bellezza.
La grande bellezza non esiste.
Esiste la vita, e quella è e così va vissuta.
Finisce sempre così. Con la morte. Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo. Bla. Bla. Bla. Bla. Altrove, c’è l’altrove. Io non mi occupo dell’altrove. Dunque, che questo romanzo abbia inizio. In fondo, è solo un trucco. Sì, è solo un trucco. (Jep Gambardella)
Capito questo, il resto viene da se.
Soundtrack: Creep – Radiohead