Lettera aperta

AL SOSTITUTO PROCURATORE DELLA

PROCURA DELLA REPUBBLICA

TRIBUNALE DI VENEZIA

DOTT. ANGELA MASIELLO

SANTA CROCE, 423

VENEZIA

AL MAGNIFICO RETTORE

DELL’UNIVERSITA’ IUAV DI VENEZIA

PROF. ARCH AMERIGO RESTUCCI

SANTA CROCE 191

VENEZIA

Oggetto: lettera aperta sulla proposta di cambio di destinazione d’uso per l’immobile denominato Fontego dei Tedeschi 

Gentili Signori. Mi presento: sono un architetto, laureata allo IUAV e amante e conoscitrice della città di Venezia e delle sue architetture, che ho studiato e vissuto in prima persona.  Vi scrivo in merito alla serie di polemiche che si sono innescate a seguito della proposta dei Benetton di far trasformare, dall’ Arch Rem Koolhaas, il Fontego dei Tedeschi in un centro commerciale.

In particolare mi rivolgo a Lei Dottoressa Masiello, chiamata a decidere sull’ammissibilità o meno di quest’operazione. So che tutta la bagarre è iniziata perchè Le è stata recapitata una lettera che prospettava possibili violazioni penali nei confronti del fabbricato. Ecco, io vorrei spezzare invece una lancia, in favore di quanti, come me, trovano che invece il Fontego, e con esso l’intera città,  ricaverebbero dei benefici dall’operazione.

Infatti, da quanto riportato dagli organi di stampa e comunicazione, una delle accuse che viene volta al progetto si rifà all’articolo 170 della legge 42/2004 che punisce «chiunque destina i beni culturali ad uso incompatibile con il loro carattere storico od artistico o pregiudizievole per la loro conservazione o integrità». Io non sono certo un avvocato, e non mastico di legge che quello che può serive alla mia professione, però, leggendo questo, ho provato a ragionare e ne ho concluso quanto segue. Uso incompatibile col loro carattere storico o artistico. Il fontego era in origine un magazzino e un ufficio di scambio di merci tra la comunità tedesca che commerciava a Venezia e Venezia stessa. E’ poi diventata sede delle Poste Italiane, gli affreschi di Giorgione e Tiziano sono stati staccati e diversi sono anche andati perduti, così come l’interno è stato modificato in favore della nuova attività che vi si sarebbe svolta. Successivamente, pur continuando a rimanere di proprietà delle Poste, l’edificio è stato lasciato al degrado e tutt’oggi si può ben vedere com’è ridotto. Perchè questo non è stato pregiudizievole per la sua conservazione o integrità mentre lo sarebbe un restauro completo, certo, con modifiche strutturali, ma che manterrebbe intatta la caratteristica architettonica del fabbricato riportandolo, per molti aspetti, all’antico splendore? Poi trovo che come uso, sia più compatibile un centro commerciale (i tedeschi fruitori del palazzo erano commercianti no?) che un ufficio postale.

Poi la lettera da Lei ricevuta si rifà anche all’art 635 del Codice Penale che, cito, “è responsabile di danneggiamento aggravato chi deteriora cose di interesse storico o artistico”.  Come detto sopra, l’edificio è già in stato di deterioramento storico e artistico, e non per colpa dell’intervento proposto…

In sostanza, Venezia è unica e splendida ed è giusto conservarla al meglio della sua magnificenza ma, e qui mi rivolgo a Lei Prof Restucci, non ci avete insegnato che ogni epoca è testimone del suo passaggio sulla terra proprio grazie alle sue architetture che sono opere che rimangono immutabili per secoli? Concordo, come sopra detto, che Venezia sia un caso particolare, ma è giusto che anche noi, nei limiti, lasciamo un’impronta del nostro passaggio, come abbiamo fatto col ponte di Calatrava o col restauro della Punta della Dogana (dove, tra l’altro, i setti in calcestruzzo non stravolgevano in quel caso la sua integrità storica?). Non credo che il signor Koolhaas sia un pazzo visionario che intende sventrare il palazzo per far posto ad una sua creatura e il progetto me lo conferma. Come altre sue opere.  Ritengo che anche la committenza si sia prodigata per modificare ad esempio quella terrazza che tanto aveva dato scandalo per renderla maggiormente accettabile.

Io penso che sia giusto conservare ma anche innovare, perchè Venezia è si un museo a cielo aperto, ma è anche una città viva, e come tale va intesa.

Come ho detto, non sono un avvocato, nè una studiosa di storia dell’architettura, ma questa lettera è un modo per esprimere l’amore che provo per questa città che tanto mi ha dato, e che non voglio vedere crollare, o peggio, morire, abbandonata dai suoi abitanti in favore dei turisti. Sono un architetto e amo l’architettura, non voglio vedere con occhi impotenti opere di questo livello cadere a pezzi.

Spero che questa lettera non venga intesa come una polemica, voleva solo essere una riflessione .

RingraziandoVi fin d’ora per l’attenzione che mi avete riservata, colgo l’occasione per salutarvi cordialmente

Chioggia, lì 23/02/2012

Arch Laura Marangon

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